In occasione del quarto centenario della nascita del proprio fondatore (Venezia, 16 settembre 1625), la Biblioteca Antica del Seminario si è fatta un regalo – ma ne beneficeranno studiosi di tutto il mondo – completando la digitalizzazione del libro di San Gregorio Barbarigo dal titolo “Institutionum ad universum seminarii patavini regimen pertinentium epitome”(o semplicemente Institutiones). Lo ha annunciato la direttrice della Biblioteca Antica, Giovanna Bergantino, in occasione della visita guidata che ha visto la partecipazione di soci delle associazioni “Noi” di Maserà, dell’Auser e del Lions Club Padova Host con la presidente Sandra Nicoletto.
La digitalizzazione ha toccato uno dei libri più conosciuti della Biblioteca Storica soprattutto perché lo scritto, datato 1671, fa emergere la tenacia e la forza del vescovo Barbarigo e nello stesso tempo rappresenta una sorta del suo testamento spirituale.
Come ha sottolineato Giovanna Bergantino, con questo libro sono nate le regole alla base del seminario che voleva Barbarigo. Il vescovo, già nel 1665, scriveva al padre Gianfrancesco, senatore della Repubblica Veneta: “Io vado pensando di farmii degli operai a modo mio”, convinto che “per fare buono il popolo necessita un ottimo clero. E questo lo produce il seminario”. Norme imbevute dalla sapienza del fondatore del nuovo seminario che considerava i futuri sacerdoti come “nobili pianticelle, imbevute dell’acqua delle regole”, affinché abbiano a “rendere frutti abbondanti in pro di questa nostra diocesi”.
Attraverso l’immissione delle “Institutiones” in rete, ricercatori e studiosi potranno “sfogliare” queste pagine scritte dal vescovo di Padova, il cui desiderio più vivo era una “santa riforma della disciplina ecclesiastica”.
“Con la digitalizzazione – secondo Giovanna Bergantino – si annulla la distanza fra Biblioteca e studioso ed è valorizzato il patrimonio documentario antico e di pregio, perché viene messo a disposizione di tutti, attraverso un accesso facile, consentito dalle forme più moderne di comunicazione”. Ancora: “la digitalizzazione abbatte le barriere e le distanze geografiche e fa sì che i libri antichi, a volte difficili da raggiungere, non restino seminascosti ai più”.
Digitalizzazione, tuttavia, come ancora credono in tanti, non è sinonimo di “freddezza” nel rapporto studioso-libro antico, perché scorrendo le pagine persiste l’inconfondibile profumo del passato. Si pensi, ad esempio, come ha ricordato la direttrice Bergantino, alla digitalizzazione delle tremila monete della collezione Sartori-Canova con lo studioso che ora ha la possibilità di vedere, quasi toccare, rivoltare da una parte all’altra ogni moneta riemersa da un passato così lontano. Ma sfogliando, in Internet, il libro “Institutiones” (fisicamente è esposto accanto alla pila di Volta e ai primi rarissimi mappamondi nella Sala Rossa della Biblioteca), lo studioso cosa trova? Nel primo capitolo c’è il “credo” e l’anima stessa di Barbarigo. Il vescovo scrive che “il bisogno di bontà deve essere maggiore di quello della dottrina”. A seguire si trovano tutte le regole che il buon seminarista deve rispettare: nella Chiesa, nella scuola, nel refettorio, nelle camerate, in pubblico e in privato. Ogni capitolo un tema: gli esercizi di devozione, l’ubbidienza, i comportamenti verso i superiori intrisi di “schiettezza e sincerità”, i libri, il modo di vestire, poi il silenzio “per conservare la pace e la devotione”.
Potete scaricare il documento attraverso il QR inserito all’interno della foto oppure cliccare sul seguente link:
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Sollecitata dalle domande del folto gruppo di visitatori, Giovanna Bergantino ha poi illustrato l’imponente azione esercitata da San Gregorio Barbarigo nei suoi 33 anni di governo diocesano, instancabile animatore della formazione dei giovani, che voleva dal comportamento irreprensibile ma anche tanto dotti. Nell’insegnamento puntò in particolare sulle lingue: dapprima il greco, quindi l’ebraico, l’arabo, poi si studiò anche il persiano e il turco. E per fare questo Barbarigo chiamò a Padova i maggiori cultori di tali lingue. Non solo, da momento che era difficile reperire sul mercato le grammatiche dei diversi idiomi, fondò la stamperia del Seminario puntando soprattutto sulle pubblicazioni in lingua araba, come la “Flores grammaticales Arabici idiomatis” o l’”Opus omnibus Arabicae linguae studiosis perutile & necessarium”. A quanti lo mettevano in guardia circa i costi dell’insegnamento dell’arabo, Barbarigo rispondeva: “Questo non importa. Operiamo noi dal canto nostro ciò che stimiamo meglio e lasciamo poi che Dio disponga per l’avvenire”. In quel tempo c’era ancora chi voleva affidare le conversioni alla “spada”, invece il vescovo di Padova credeva nell’evangelizzazione attraverso la “parola”. Nella discussione, nel confronto, nel contatto diretto. Di qui l’importanza dello studio delle lingue.
Dopo l’approfondito excursus su Gregorio Barbarigo, Giovanna Bergantino, ha mostrato agli attenti visitatori alcuni dei gioielli della Biblioteca, dal “Dialogo sui massimi sistemi” di Galileo, a un manoscritto in pergamena dell’”Ultimo Quarto del XIV secolo” di Giovanni Boccaccio, a diversi manoscritti miniati e a uno stupendo “Missale romanum” del secolo XV. La direttrice durante la visita ha sottolineato l’importanza della catalogazione dei libri: “Qui abbiamo un’infinità di testi che conosciamo perché sono stati catalogati. Ma tanti non lo sono ancora. Chissà cosa abbiamo ancora da scoprire…”.
Nel contempo, allo snocciolare dei nomi scanditi nel corso della visita, come Facciolati, Forcellini, Cesarotti, Pellizzo, Giustiniani, Alvarotti, sembrava crescere l’interesse degli uditori. Nomi tanto familiari per i padovani che, come ha evidenziato Sandra Nicoletto, testimoniano il fortissimo indissolubile legame fra la Biblioteca Antica del Seminario e la città. Nomi che attraverso la digitalizzazione di tutte le opere saranno cosciuti ancor più anche in tutto il mondo.