Due fratelli, una preziosa collezione di monete che negli anni viene arricchita da entrambi, con passione e dedizione, ma con due distinte motivazioni. Alla fine, il “tesoro” viene donato al Seminario di Padova, che oggi lo custodisce con giusto orgoglio.
Ecco, questa storia, con riferimenti storici, documenti, citazioni e immagini, è stata proposta ad un pubblico accorso numeroso, nella Sala Forcellini della Biblioteca Antica del Seminario, dal professor Michele Asolati, ordinario di Numismatica all’Università di Padova. La conferenza, dal titolo “Moneta, arte ed erudizione: i fratelli Canova (Sartori) e il loro medagliere al Seminario di Padova”, fa parte delle iniziative programmate per commemorare due anniversari che cadono quest’anno: il quarto centenario della nascita (1625) di San Gregorio Barbarigo, fondatore del Seminario, e il 250.mo anniversario (1775) della nascita di Giovanni Battista Sartori Canova, fratello (da parte di madre), di 17 anni più giovane, dello scultore Antonio Canova.
Protagonisti del racconto del professor Asolati (autore di 300 titoli di numismatica), presentato dalla Direttrice della Biblioteca Antica, Giovanna Bergantino, sono stati, appunto, i due fratelli, autori della medesima collezione di monete ma con diverse motivazioni. Antonio dalle monete traeva ispirazione per la sua arte, Giovanni Battista le considerava, invece, fonti per lo studio dell’antichità.
È Antonio che inizia la raccolta ma è soprattutto Giovanni Battista che la implementa perché ha più tempo e in quanto la formazione classica ricevuta nel Seminario di Padova ne alimenta la passione. Lo testimonia lo stesso Antonio Canova nel testamento steso a Roma nel 1815: A Giovanni Battista lascia tutti i suoi libri e “tutte le medaglie da esso abate raccolte, […] per soddisfare il genio che egli ha per la numismatica”.
Simboli, miti, episodi e personaggi dell’antichità, riportati su medaglie e monete, come ha documentato il professor Asolati, hanno costituito un bagaglio ampliamente sfruttato da Antonio per la sua arte scultorea. D’altra parte, a quei tempi, era uso comune rivolgersi alla “moneta” per trarre ispirazione. Fra gli esempi citati dall’oratore le matrone napoleoniche e la pace alata di Kiev. Già in gioventù, a Venezia, Antonio era entrato in contatto con il collezionismo come pratica di crescita culturale: gessi e terrecotte di Casa Farsetti sono state molto importanti nella crescita della sua tecnica scultorea. L’aggiunta della moneta come ispirazione per le sue sculture forse è stata accresciuta dalla richiesta di un suo potente mecenate, Giovanni Fallier, che da Venezia ha inoltrato una richiesta all’artista che viveva a Roma: gli ordinava di fargli provvista di “medaglie per il valore di dieci zecchini”.
Nel 1801 arriva a Roma da Padova anche Giovanni Battista, un eccellente studioso formatosi in Seminario, dove uscivano preti, come voleva il fondatore San Gregorio Barbarigo, “Santi sì ma anche dotti”.
Monete e monetiere giungeranno a Padova nel 1837. È la collezione più preziosa della prima metà dell’Ottocento in Italia. Nel 1872 a Padova viene prodotto il primo grande catalogo di queste monete. Il dono delle monete era accompagnato dalla richiesta di Giovanni Battista affinché la raccolta servisse sia per lo studio che la formazione. Un appello che non cadde nel vuoto: il Seminario diventò un precursore della scienza numismatica. Negli anni la collezione si arricchirà di donazioni e in Seminario confluiranno monete antiche trovate sul territorio e anche quelle di epoca carrarese murate nei palazzi. Le monete dei Canova-Sartori si intersecano con la storia del territorio e ne diventano patrimonio.