Durante il mio tirocinio universitario presso la Biblioteca Antica del Seminario di Padova, ho avuto la fortuna di lavorare su un fondo documentario speciale: quello dedicato a Papa Pio X, al secolo Giuseppe Sarto, originario proprio del territorio padovano.
Il progetto, parte del mio percorso con l’Università di Padova, aveva un obiettivo chiaro: rendere accessibile una selezione di documenti storici tramite la digitalizzazione. Tra questi spiccano due lettere inviate dal Papa al Seminario nel giugno del 1913. Entrambe raccontano una storia di profonda devozione mariana e svelano un legame affettuoso tra il pontefice e la sua terra d’origine.
Un altare, due lettere
La prima lettera, datata 15 giugno 1913, è un messaggio affettuoso e spirituale. Pio X ricorda una preghiera alla Madonna che si recitava pubblicamente in Seminario, si congratula per la scelta di unire il culto dell’Immacolata Concezione con le apparizioni di Lourdes e annuncia che le celebrazioni saranno condivise con quelle per San Gregorio Barbarigo, il 18 giugno. Il Papa promette anche di unirsi spiritualmente “nella Santa Messa ai diletti figli del luogo”.
La seconda, del 24 giugno 1913, è ancora più concreta: Pio X concede tre benefici spirituali legati all’altare della Grotta di Lourdes, situato nel cortile del Seminario e tuttora esistente. Tra questi, la possibilità di celebrare ogni giorno la messa dell’Apparizione con “Gloria e Credo”, l’indulgenza plenaria per chi si reca alla Grotta dopo la comunione e la confessione, e una piccola indulgenza per chi recita tre Ave Maria e l’invocazione: “Nostra Signora di Lourdes, pregate per noi”.
Un messaggio che parla ancora oggi
Queste lettere non sono solo un documento del passato: raccontano una devozione mariana viva e radicata, che risale ai primi anni del Seminario e che ancora oggi viene coltivata dalla comunità ma rivelano anche le preoccupazioni di Pio X per la pace e per la libertà della Chiesa, in un momento storico segnato dalla tensione internazionale. Era il 1913 e la Prima Guerra Mondiale era ormai alle porte.
Dietro le quinte del lavoro
Il fondo è stato nel tempo curato e trascritto da diverse figure, tra cui Mons. Ireneo Daniele, la dott.ssa Elisa Santinato e don Giancarlo Gambasin. Durante il mio tirocinio, su indicazione della direttrice della Biblioteca, dott.ssa Giovanna Bergantino, ho lavorato anche alla riorganizzazione dei fascicoli rendendo l’indicizzazione più chiara e consultabile.
Oggi, grazie a questo lavoro, una parte significativa di questo piccolo ma prezioso archivio è accessibile anche in formato digitale: una nuova vita per documenti che raccontano storie di fede, di territorio e di umanità.
Giacomo Giusto, laureando in Storia presso il Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità (DiSSGeA) dell’Università degli Studi di Padova.